Una lezione di italiano al Liceo Waldorf di Firenze
“I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.”
(Ludwig Wittgenstein)
Venerdì scorso, alla fine della prima settimana di epoca in X classe, al Liceo, senza spingersi molto addietro nel tempo, come nei giorni scorsi, ci siamo concessi un diversivo: abbiamo consultato in classe un “vocabolarietto” portatile stampato a Parigi nel 1768. Molti lessemi ivi presenti sono ormai scomparsi, altri sopravvivono nascosti oppure inseriti in vocaboli o modi di dire odierni, soprattutto in area fiorentina.
Perché molti di essi non ci sono più? Quanti e quali potrebbero essere i motivi? Quante cose sono successe in 300 anni? Perché, per esempio, abbiamo smesso, in un certo periodo della nostra storia più recente, di chiamare la tempesta “procella”, di netta derivazione latina? Perché per esempio nel 1700 abbiamo preferito il termine “vengianza” importato dalla Francia, a quello di “vendetta” che già avevamo? Quando quest’ultimo ritornò sul podio e perché?
Uno studente ha detto: “Chissà come si sentirebbe un ragazzo della Firenze settecentesca se venisse a parlare oggi con noi…” Già, e a noi che effetto ci farebbe parlare con lui? 🙂
Da lunedì prossimo continueremo il viaggio, ripartendo da Dante e dalle sue scelte linguistiche fatte per amore verso “le genti del bel paese là dove il sì suona“; il viaggio fino al presente è talmente ricco che ci vorrebbe un’epoca di 6 settimane minimo!
Alessandra Manzoni
Prof.ssa di italiano e letteratura